Nel cuore del Monferrato si trova un luogo chiamato la Valle dei Saraceni: la leggenda vuole che nelle grotte che qui si aprivano facesse base una banda di predoni arabi. Si racconta che gli abitanti dei paesi circostanti, stanchi delle incursioni e delle razie che questi briganti compivano, abbiano fatto crollare nottetempo gli accessi alle caverne, imprigionando per sempre gli occupanti, assieme ad inestimabili tesori. Ancora oggi, di notte, si vedono correre fra i prati e la boscaglia le fiammelle balenanti di piccoli fuochi fatui: la gente dice che sono i Saraceni che ritornano, per danzare al chiaro della luna.
I dati storici confermano la presenza in zona, attorno alla metà del '900, di predoni arabi, giunti qui dalla vicina Provenza. La tradizione mescola però questo episodio con un altro di molto posteriore: nel 1600 le milizie dei Gonzaga avrebbero seppellito vivi in quelle grotte dei briganti (piemontesi, però), che dalla Valle dei Saraceni compivano incursioni nei…
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Nel cuore del Monferrato si trova un luogo chiamato la Valle dei Saraceni: la leggenda vuole che nelle grotte che qui si aprivano facesse base una banda di predoni arabi. Si racconta che gli abitanti dei paesi circostanti, stanchi delle incursioni e delle razie che questi briganti compivano, abbiano fatto crollare nottetempo gli accessi alle caverne, imprigionando per sempre gli occupanti, assieme ad inestimabili tesori. Ancora oggi, di notte, si vedono correre fra i prati e la boscaglia le fiammelle balenanti di piccoli fuochi fatui: la gente dice che sono i Saraceni che ritornano, per danzare al chiaro della luna.
I dati storici confermano la presenza in zona, attorno alla metà del '900, di predoni arabi, giunti qui dalla vicina Provenza. La tradizione mescola però questo episodio con un altro di molto posteriore: nel 1600 le milizie dei Gonzaga avrebbero seppellito vivi in quelle grotte dei briganti (piemontesi, però), che dalla Valle dei Saraceni compivano incursioni nei borghi limitrofi.
Maurizio Martinotti: canto, ghironde elettroacustiche, mandola, epinette des Vosges, scacciapensieri, zufolo, diana, piva di bamboo, ocarina, tastiere
Enrico Negro: chitarra acustica 6 e 12 corde, chitarra elettrica, mandola, cori
Bruno Raiteri: violino, viola, cori
Sergio Caputo: violino, percussioni in "La Pasiun dal nost Signur"
Gerardo Savone: basso
Gigi Biolcati: batteria, percussioni
con
Enzo Avitabile: canto, sax tenore, tastiere in "Don-na Curon-na (Pietà)"
I Bottari di Portico: percussioni in "Don-na Curon-na (Pietà)"
Paul James: sax soprano in "Sòm sòm / Ninna nanna / Dormigliusa", cornamusa in "Tempi duri"
De Calaix (Mireia Mena, Gemma Pla, Lurdes Rimallo): canto in "La Pasiun dal nost Signur"
Toni Torregrosa: canto in "La Lionota" e "La Pasiun dal nost Signur"
Renat Sette: canto in "Sòm sòm / Ninna nanna / Dormigliusa"
Marco Pasquino: violoncello in "Sòm sòm / Ninna nanna / Dormigliusa", "Jacoutin / Jacoutinaire", "Quand je suis né / Baccus"
Gli strumenti utilizzati:
Ghironde elettroacustiche: Paolo Coriani e Jean-Luc Bleton
Epinette des Vosges: Doug Emmons
Mandole: Valerio Gorla
Diana e piva di bamboo: Ilario Garbani
Zufoli: Jon Swayne
Scacciapensieri: Zoltan Szilagyi
Ocarina: Giorgio Pacchioni
[-] Contraer